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- 28-12-2025
- Alessia Seminara
- In Mindset
- 4 minuti
Capire il triangolo drammatico di Karpman per migliorare le relazioni personali e professionali
In psicologia, si parla di triangolo drammatico di Karpman per indicare un modello relazionale disadattivo. Il modello venne teorizzato per la prima volta da Stephen Karpman, da quale prese il nome. Secondo lo psicologo, in una relazione disadattiva i soggetti possono rivestire ruoli da vittima, persecutore e salvatore, alternandosi tra loro. Purtroppo, quando una situazione del genere si viene a manifestare, una comunicazione autentica non è assolutamente possibile. Ne consegue che i soggetti coinvolti nel triangolo non sono capaci di interagire tra loro in maniera costruttiva.
Il triangolo drammatico di Karpman non si manifesta in specifiche situazioni: ci sono diversi contesti in cui può prendere piede. In questa guida cercheremo di analizzare dettagliatamente le caratteristiche del modello e dei ruoli. Tenteremo, inoltre, di capire come rompere lo schema e migliorare le relazioni.
Indice dei contenuti
Cos’è il triangolo drammatico di Karpman
Iniziamo subito con le definizioni per meglio comprendere il modello. Il triangolo drammatico di Karpman è un modello che serve per interpretare le dinamiche relazionali. Il modello si basa sull’analisi transazionale che, secondo quanto teorizzato da Eric Berne, prevede tre dimensioni psicologiche presenti in ogni individuo:
- io-genitore, cioè tutti quegli schemi appresi con le figure di riferimento nei primi anni di vita
- io-bambino, ossia la spontaneità emotiva del soggetto, che viene influenzata dall’ambiente
- io-adulto, la dimensione riferita alla razionalità, che serve a mediare tra l’io-bambino e l’io-genitore.
Il triangolo drammatico di Karpman si manifesta quando le relazioni interpersonali non sono mature. Queste, piuttosto, si basano sull’io-genitore o sull’io-bambino.
I ruoli individuati dal modello
Secondo la teoria di Karpman, quando questo tipo di relazione viene messa in atto, emergono tre diversi ruoli che hanno delle caratteristiche ben definite.
Tra i ruoli che si possono individuare abbiamo innanzitutto quello della vittima. Si tratta della persona che si percepisce fragile, che crede di non avere le risorse per affrontare la realtà. La vittima sente di aver bisogno dell’intervento di qualcun altro.
Questo soggetto sviluppa spesso senso di dipendenza verso gli altri: gli altri soggetti, infatti, vengono percepiti come capaci di donare salvezza. La vittima, di solito, non è capace di assumersi alcuna responsabilità. Al contrario, attribuisce problemi e insuccessi a fattori esterni.
C’è poi il cosiddetto persecutore che, all’interno del triangolo drammatico di Karpman, manifesta superiorità. Questo soggetto svaluta gli altri e genera conflitti, mettendo spesso in atto comportamenti aggressivi. Il persecutore non ha paura di mostrare la propria forza, utilizzata però per nascondere le proprie insicurezze. Dietro questo atteggiamento, infatti, si nasconde la paura di essere ferito o umiliato.
Infine, nel modello di Karpman esiste anche una terza figura, quella del salvatore. Proprio come il persecutore, anche questo soggetto manifesta superiorità, anche se in questo caso tale caratteristica viene sfruttata per salvare gli altri.
Di solito, nella relazione, questo soggetto si prende cura della vittima. Si viene così a instaurare una relazione in cui la vittima permane in uno stato di dipendenza, mentre il salvatore nega i suoi reali bisogni per aiutare l’altro.
Il triangolo drammatico di Karpman nelle relazioni
Anche se questo, ad una prima lettura, potrebbe non apparire immediato, il triangolo drammatico di Karpman si manifesta in molti contesti. Purtroppo, lo fa in maniera molto sottile: questo non sempre rende le dinamiche facilmente individuabili. Eppure, possiamo trovare dinamiche del genere praticamente in ogni relazione, ad iniziare da quelle familiari.
Pensiamo ad una famiglia nella quale un figlio ha problemi a scuola, ma continua a non studiare assumendo un atteggiamento da vittima.
Se il padre lo rimprovera diventando persecutore e la madre, al contrario, lo difende assumendo il ruolo di salvatore, si verrà a instaurare una dinamica per la quale il ragazzo continuerà a permanere nel suo ruolo di vittima. I genitori, dal canto loro, permanendo nei ruoli di persecutore e salvatore non riusciranno a modificare la situazione.
Ma il triangolo drammatico di Karpman si può manifestare anche in ambito lavorativo.
Pensiamo, ad esempio, alla situazione in cui un lavoratore, nel tentativo di aiutare un suo collega che si lamenta di carico eccessivo, svolga parte del suo lavoro. Chi aiuta assumerà così un atteggiamento da salvatore, mentre chi si libererà del lavoro giudicato in eccesso avrà un atteggiamento da vittima. Potrebbe anche intervenire il persecutore, un superiore che critica la vittima.
La dipendenza reciproca
Le due situazioni appena descritte hanno un punto in comune. Tutti i soggetti coinvolti nel triangolo drammatico di Karpman inducono gli altri a mantenere, ciascuno, il ruolo iniziale. Si viene così a instaurare una dipendenza reciproca tra i soggetti del triangolo drammatico.
La vittima non è autonoma e rimane incastrata nel ruolo. Allo stesso modo, il salvatore non riesce a non fornire soccorso alla vittima: anche lui (o lei) resta intrappolato nel suo ruolo, senza avere la possibilità di esprimere i suoi reali bisogni.
Qualunque sia il contesto in cui la dinamica del triangolo di Karpman si manifesti, il risultato è quindi sempre lo stesso. Si instaura una relazione disfunzionale, che non consente ai soggetti coinvolti di crescere.
Come superare il triangolo drammatico di Karpman e migliorare le relazioni
Sfortunatamente, quando si instaura una situazione del genere, raramente i soggetti coinvolti hanno interesse a cambiare. Eppure, uscire dal triangolo drammatico di Karpman, sebbene sia difficile, non è impossibile.
Bisogna innanzitutto diventare pienamente consapevoli dei ruoli assunti all’interno della relazione. Inoltre, i soggetti devono impegnarsi a comunicare in maniera onesta e chiara, ma rispettosa, esprimendo le proprie esigenze senza accuse o manipolazioni.
Il passo più importante riguarda poi l’assunzione delle responsabilità: ciascuno dovrà sostenere il proprio peso nella relazione. Il che significa anche riconoscere il proprio apporto alla dinamica disfunzionale. La vittima dovrà lavorare per comprendere le sue debolezze e per sviluppare autonomia, evitando di lamentarsi.
Il salvatore, da canto suo, dovrà invece impegnarsi ad ascoltare se stesso e i suoi bisogni. Dovrà inoltre evitare di caricarsi costantemente dei problemi altrui. Anche il persecutore, infine, dovrà lavorare sui suoi bisogni e sui suoi desideri. Invece di utilizzarli per criticare l’altro, dovrà lavorare per soddisfarli appieno.
Alessia Seminara
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