Effetto Mandela: il fenomeno che inganna la memoria collettiva
L’effetto Mandela è un fenomeno affascinante che mette in discussione la nostra capacità di ricordare gli eventi con precisione. Si tratta di una distorsione della memoria collettiva, in cui gruppi di persone ricordano fatti, nomi o dettagli in modo errato, ma condividendo lo stesso ricordo sbagliato.
Il nome deriva dal caso emblematico di Nelson Mandela: molte persone, in tutto il mondo, erano convinte che fosse morto in prigione negli anni ’80, quando in realtà fu liberato e divenne presidente del Sudafrica. Da allora, altri esempi simili hanno alimentato il dibattito su come e perché la mente umana costruisca ricordi inesatti ma condivisi.
In questo articolo esploreremo l’effetto Mandela cercando di comprenderne le origini, le teorie che lo spiegano e i casi più noti legati a questo curioso inganno della memoria.
Indice dei contenuti
Che cos’è l’Effetto Mandela
Per effetto Mandela si intende un ricordo comune a un gran numero di persone che in realtà è una distorsione creata dalla memoria collettiva.
Il fenomeno porta ad alterare fatti realmente accaduti, operando una distorsione della memoria ed inventando ricordi non autentici.
In altre parole, ciascuno di noi è convinto di avere visto o vissuto una situazione, che in realtà non è mai accaduta. Si tratta quindi di un falso ricordo, qualcosa di inventato che deriva da una ricombinazione di frammenti di altri ricordi reali.
Occorre precisare che, chi porta avanti questa ricostruzione è seriamente convinto di dire la verità.
Nonostante la scienza abbia tentato di spiegare più volte perché l’Effetto Mandela si verifichi, nessun risultato, ad oggi, è mai risultato davvero convincenti.
Le origini del nome derivano da Nelson Mandela, presidente dello Stato del Sudafrica e storico attivista anti-apartheid premio Nobel per la pace. Nello specifico, ci si riferisce ad un particolare evento: durante la segregazione razziale Mandela trascorse più di vent’anni in carcere per poi morire nel 2013 all’età di 95 anni dopo anni di libertà.
Ma nonostante ciò in molti ricordano che l’uomo morì durante la sua detenzione e alcuni possono anche giurare di aver visto la trasmissione in diretta dei funerali negli anni ’80.
Le cause psicologiche dell’Effetto Mandela
L’effetto Mandela solleva questioni significative riguardo alla fluidità della realtà percettiva e alla vulnerabilità dell’archivio collettivo della conoscenza umana.
Da parte loro, scienza e psicologia ritengono che il fenomeno sia una scorciatoia cognitiva intrecciata all’interpretazione della realtà. È come se le menti umane, quando non hanno una conoscenza diretta, tentassero di ricordare la sequenza di eventi più plausibile e probabile.
In questo contesto, gioca un forte ruolo la modalità di creazione dei falsi ricordi. Essi, infatti, avvengono per:
- influenza da parte di persone care e autorevoli, nei confronti delle quali si nutre stima e fiducia. Lo psicologo Jean Piaget, ad esempio, aveva come primo ricordo l’esperienza di un tentato sequestro all’età di due anni. raccontato dalla tata dell’epoca. L’intero episodio, in realtà, era inventato;
- gaslighting: la persona abusata è oggetto di manipolazione da parte dell’abusante ed è portata a credere che la propria memoria non sia affatto affidabile;
- utilizzo di Recovered Memory Therapy (RMT): questa terapia ,che comprende anche l’ipnosi, volta al recupero di ricordi, se svolta in modo insistente e ripetuto può contribuire a creare idee plausibili per la costruzione di un falso ricordo. In questo senso, esso sarebbe indotto anche grazie all’aggiunta di particolari da parte dell’ipnoterapista.
Casi ed esempi pratici
Tra i più celebri esempi e casi di effetto Mandela condivisi da gran parte della memoria collettiva è necessario citare:
- scontri di piazza Tienanmen in Cina (1989): l’uomo che usò il proprio corpo per contrastare l’avanzata dei carrarmati, nella memoria comune, è rimasto vittima dell’avanzata dei mezzi militari, ma nella realtà non fu ucciso;
- film “Biancaneve”: la strega Grimilde non ripete le parole “Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?” ma dice in realtà “Specchio, servo delle mie brame”;
- logo della Coca Cola: quello ufficiale non prevede nessun trattino tra le due parole anche se da molti è tutt’ora immaginato così;
- Google: la “e” finale del logo è sempre stata leggermente inclinata, ma sono pochi quelli che se lo sanno;
- Volvo: il logo della celebre casa automobilistica presenta una freccia rivolta in alto a destra, anche se questo dettaglio spesso sfugge ai più;
- Monopoly: il personaggio dal nome Rich Uncle Pennybags è un omino spesso ricordato con un monocolo ma ciò, in realtà, non è vero;
- The Flintstones: la famiglia di cavernicoli più famosa della tv, nel nome, possiede non solo una ma ben due “t” dislocate in posizioni diverse anche se in pochi se ne sono accorti.
Come evitare il fenomeno
L’effetto Mandela esercita un’influenza notevole sul modo in cui le vengono ricordati eventi storici, concetti scientifici e reportage mediatici. A lungo termine, questo può portare a una revisione culturale della narrativa trasformando leggende urbane in “storia accettata”. Quando si tratta dei media, inoltre, l’effetto riflette la fragilità dei nostri ricordi collettivi in un’epoca di informazioni sovrabbondanti.
Per questo motivo è necessario implementare metodi e tattiche efficaci a contrastarne la divulgazione. Nello specifico:
- identificare e verificare l’origine della fonte. Questo implica riconoscere che i ricordi possono non derivare esclusivamente da esperienze dirette, ma anche da narrazioni udite o immagini viste;
- essere consapevoli che è possibile indurre la mente a creare ricordi falsi o distorti: ad esempio, quando si viene esposti ripetutamente a domande su eventi apparentemente accaduti. Comprendere che alcuni eventi raccontati non corrispondono alla realtà permette di aumentare una soglia critica in grado di ridurre la frequenza dei falsi ricordi;
- esercitare il pensiero critico: mettere in discussione le proprie memorie e mantenere un atteggiamento aperto al dialogo e alla correzione delle proprie convinzioni sulla base di evidenze concrete
Come abbiamo visto insieme, imparare come funziona la memoria umana e riconoscere i propri limiti può aiutare a prevenire l’effetto Mandela.