Superare la timidezza: dagli studi di Bernard Carducci alle tecniche pratiche
La timidezza è un fenomeno comune e diffuso che, a volte, può creare nell’individuo delle barriere personali, sociali, professionali ed un disagio significativo.
Scopriamo insieme che cos’è e come valorizzarla!
Indice dei contenuti
Che cos’è la timidezza
La timidezza è un complesso stato emotivo in risposta alle situazioni sociali caratterizzata da diverse componenti. Nello specifico:
- affettive: emozioni quali paura ed imbarazzo accompagnate da sintomi di attivazione fisiologica tipici quali aumento della frequenza cardiaca, respiratoria e della tensione muscolare, maggior sudorazione, rossore del volto, balbettio, etc;
- cognitive: timore del giudizio negativo da parte dell’altro, sensazioni di inadeguatezza, estrema coscienza di sé ed eccessiva tendenza a focalizzare l’attenzione sul proprio mondo interiore;
- comportamentali: tendenza a evitare situazioni sociali che creano disagio o, in caso di esposizione, evitare il contatto oculare ed inibizione.
Questa peculiarità di carattere è, appresa e mantenuta da specifiche credenze che la persona ha riguardo sé stessa e gli altri, viene spesso accompagnata da intensa sofferenza mentale rispetto alla sensazione di inadeguatezza nelle situazioni sociali. Essa si manifesta in vari modi, tra cui principalmente:
- autoconsapevolezza, introspezione e sensibilità;
- evitamento sociale, soprattutto quelli che richiedono di essere al centro dell’attenzione;
- difficoltà ad esprimere i propri pensieri in modo chiaro e diretto;
- mancanza di sicurezza in sé, che porta alla preoccupazione per il giudizio altrui e il timore di non essere accettate;
- difficoltà a mantenere il contatto visivo;
- gestualità protettiva e postura chiusa.
Cause, sintomi e conseguenza
Di certo, le cause della timidezza variano da persona a persona. A livello generale, nella sua eziologia della timidezza sono evidenti diversi tipi di fattori:
- genetici e biologici: gli individui con un sistema nervoso più reattivo sono dotati di una maggiore sensibilità che, in determinate circostanze, si traduce in timidezza;
- temperamentali e psicologici: bassa autostima, eventi traumatici, vissuti sociali negativi, umiliazioni o critiche costanti contribuiscono a sviluppare o accentuare la timidezza, spesso utilizzato come meccanismo di difesa;
- ambientali, sociali e culturali: la famiglia in cui si cresce influenza notevolmente, soprattutto qualora enfatizzino privacy e riservatezza e scoraggino l’interazione sociale.
Analizzare il proprio comportamento e le proprie emozioni permette di identificare le motivazioni alla base di quest’emozione, ascrivibili solitamente a:
- bassa autostima: crediamo che non sia possibile fare una cosa perché potremmo essere giudicati di non esserne in grado;
- timore del giudizio: ciò che pensano gli altri è così importante da essere destabilizzante. Ciò porta ad analizzare le nostre azioni attentamente per non commettere errori e, a volte, non agire nemmeno per non rischiare di sbagliare;
- essere timidi da sempre e conservare quella idea di sé. Estirpare una convinzione che ci siamo fatti di noi stessi negli anni è molto complicato.
Bernard Carducci e le strategie di coping
Bernard Carducci, massimo esperto in tema di timidezza e delle sue dinamiche, è stato professore di psicologia presso la Indiana University Southeast.
I suoi studi dimostrano che esistono tre dinamiche principali coinvolte nella timidezza:
- Conflitto tra avvicinamento-allontanamento
Il timido vuole interagire con gli altri, presenta la motivazione ma essa non è sufficiente. Infatti si blocca e preferisce attendere che siano gli altri a fare la prima mossa. - meccanismo di riscaldamento lento
Necessitano una tempistica maggiore per riuscire rapportarsi agli altri. Vorrebbero velocizzare le relazioni ma non ci riescono e, di conseguenza, si bloccano. - Zona di comfort limitata
Si lasciano coinvolgere nella partecipazione a situazioni sociali, ma tendono a ripetere sempre le stesse azioni. Non le modificano perché per loro il cambiamento significa minaccia e pericolo.
Chi soffre di timidezza cerca di mettere in atto delle strategie per combattere il proprio disagio, ad esempio l’estroversione forzata, il pensiero positivo, che risultano però spesso insufficienti. Questo perché, come sostiene Carducci, per vivere meglio è necessario lavorare con la timidezza e non é contro la timidezza. E quindi:
- accettare il fatto di essere timidi;
- capire le dinamiche della propria timidezza;
- modificare ciò che si fa e non ciò che si è.
Come affrontare la timidezza
Come abbiamo visto finora, Carducci si muove nell’area della psicologia dell’accettazione. Necessario quindi non negare la propria natura ma valorizzarla in quanto sensibilità introspettiva e capacità di stabilire contatti intimi e profondi, sebbene meno abbondanti rispetto a quelli delle persone non timide.
In quest’ottica, secondo lo studioso, la strategia migliore da utilizzare è quella dell’intelligenza colloquiale, ovvero la capacità di coinvolgere gli altri in una conversazione al fine di sviluppare una relazione sociale. Per farlo, è necessario imparare step by step come:
- iniziare una conversazione;
- mantenerla;
- coinvolgere altre persone;
- terminarla con successo creando opportunità future di contatto.
Ad oggi, altre tecniche efficaci utilizzate sono:
- sviluppare l’autostima: iniziare a fare esperienze diverse per vedere come si reagisce, senza essere troppo esigenti con sé stessi. Agire a piccoli passi per arrivare a obiettivi sempre più grandi;
- non fare troppo caso a ciò che pensano gli altri: tutti hanno dei difetti, l’importante è non concentrarsi troppo sui propri, ricordarsi delle qualità del proprio carattere e metterle in evidenza;
- analizzare le situazioni in cui si manifesta: quando la timidezza sta emergendo, annotare questi momenti per rifletterci in seguito e comprendere da dove scaturisce.
Ad ogni modo, la timidezza è una caratteristica di personalità da accettare ed imparare a valorizzare.