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- 24-09-2024
- Nausicaa Tecchio
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I fondamenti della genetica mendeliana: come funzionano i caratteri ereditari
Si parla di genetica mendeliana perché la nascita di questa branca della Biologia secondo molti è da fissare nel periodo in cui Gregor Mendel iniziò i suoi esperimenti. Vale a dire intorno alla metà del 1800, mentre si trovava nel monastero di Brno. Avvalendosi dell’orto dell’abbazia svolse dei test sulle piante di pisello per capire come si passavano le caratteristiche di generazione in generazione.
Sebbene oggi le leggi di Mendel si trovino in tutti i libri di testo di Scienze a partire dalla scuola media, all’epoca non ebbero il successo sperato. Anzi, lo stesso Mendel abbandonò questa ricerca perché non riuscì mai a replicarlo con una pianta diversa dal Pisum sativum, e quasi nessun intellettuale dell’epoca volle approfondire.
Indice dei contenuti
La genetica mendeliana e i caratteri ereditari
Prima di esaminare le leggi di Mendel meglio spendere due parole sul metodo che questo botanico usò per condurre gli esperimenti. All’epoca l’esistenza degli acidi nucleici e dei cromosomi era ignota, quindi Mendel partì solo dall’idea che le caratteristiche fisiche si trasmettessero ai figli secondo uno schema ricorrente. In fondo chiunque poteva osservare la somiglianza fra figli e genitori tra gli umani.
Pur senza la nozione di gene, lo studioso scelse di utilizzare come organismo modello la pianta di pisello in quanto in grado di autoimpollinarsi. Di conseguenza tutti i germogli sarebbero stati identici al genitore, e definì così le linee pure ereditarie. Dopodiché selezionò con cura sette caratteri fra due linee pure, sui quali poi si basarono tutte le anali condotte nella genetica mendeliana.
Le caratteristiche sono legate al colore dei fiori del baccello, alla posizione del fiore, alla lunghezza dello stelo e all’aspetto dei semi. Una cosa che accomunava tutti i caratteri scelti era il fatto di non presentarsi mai in forme intermedie ma distinti e facili da distinguere. Per esempio nel caso del fiore questo è sempre rosa o bianco, e i semi o lisci o rugosi, dal colore giallo o verde. In questo modo non era possibile confondere una linea con l’altra.
Per vedere come si sarebbero tramessi i caratteri dall’incrocio fra linee pure diverse Mendel ricorse a una tecnica di impollinazione artificiale. Usando un pennello molto fine prelevò il polline dagli stami di dei fiori di un colore per trasferirlo sullo stigma di un’altra pianta, a cui aveva in prevedenza già tagliato le antere. I questo modo avrebbe prevenuto l’autoimpollinazione.
La prima legge di Mendel
Il primo enunciato della genetica mendeliana è detto Legge della dominanza dei caratteri e definì la distinzione fra caratteri dominanti e recessivi. Mendel la definì dopo aver incrociato piante dai fiori viola con altre dai fiori bianchi e aver osservato il colore dei boccioli della prima generazione filiale (F1). Il risultato fu che da queste piante ibride derivate dall’incrocio di due linee pure spuntarono fiori dai petali viola, identici a quelli di uno solo dei genitori.
Di conseguenza dato che il carattere “fiore bianco” sembrava scomparso, lo studioso lo definì recessivo mentre considerò dominante il colore che si manifestava. Lo stesso valse per le altre caratteristiche: per i semi quelle dominanti risultarono il colore giallo e la superficie liscia. Nel caso del baccello il carattere dominante fu individuato nella forma rigonfia, contro quella recessiva schiacciata. Lo stelo lungo risultò dominante, quello corto recessivo e così via.
Oggi noi sappiamo che questo deriva dal fatto che sui geni del Pisum sativum si trovano due alleli che codificano per il colore. Quando entrambi o una solo esprimono il tratto “fiore viola” questo sarà quello che vedremo, mentre solo se entrambi codificano per il colore bianco avremo un fiore candido. Ci possono essere pià di due forme alleliche, ma essendo due possiamo indicare la dominante con la lettera maiuscola V e la recessiva con la minuscola, v.
I genitori quindi presentavano due genotipi: uno con alleli VV e l’altro con alleli vv. La generazione F1 invece aveva genotipo Vv, ma esprimeva solo il fenotipo dominante. Il colore bianco, recessivo, sembrò essere scomparso anche se a livello cromosomico era ancora presente.
La seconda legge della genetica mendeliana
Come secondo esperimento, Mendel non abbandonò lo studio della generazione F1 ma decise di lasciare che le piante si autoimpollinassero. Questo per vedere se la linea ibrida avrebbe proceduto restando identica a uno solo dei genitori. Invece la generazione F2 (figlia della F1) fece ricomparire il carattere recessivo in circa 1/4 delle piante. I 3/4 restanti invece continuarono a mostrare fiori viola come la F1.
Da queste osservazioni lo studioso estrapolò il secondo enunciato fondamentale della genetica mendeliana, chiamata anche Legge della segregazione dei caratteri. Questa indicava come la seconda generazione presentasse il carattere dominante e quello recessivo in rapporto 3 : 1 fra loro. A conferma di questa legge anche i semi gialli e verdi (recessivi) prodotti dalla F2 mostravano un rapporto simile.
Fu da qui che Mendel capì che ogni carattere era determinato da una coppia di “fattori”, uno paterno e uno materno. Incrociando due genitori Vv fra di loro nel celebre quadrato di Punnett si ottengono come combinazione VV, Vv due volte e vv. Quindi, per quanto due siano omozigoti e uno eterozigote, dal punto di vista fenotipico tre sono uguali fra di loro. Ciò che lo scienziato chiamò “fattore” oggi non è altro che il gene.
La terza legge di Mendel
L’ultimo principio riconosciuto della genetica mendeliana è la Legge dell’assortimento indipendente dei caratteri. In questo caso lo studioso prese in considerazione più di una caratteristica in contemporanea, invece che concentrarsi solo sul colore dei fiori o dei piselli. Scoprì così che questi si trasmettono dai figli ai genitori senza che uno influenzi l’altro (almeno in questi casi semplici e ben distinti),
In particolare considerò insieme la forma (liscia o rugosa) e il colore (giallo o verde). I caratteri giallo e liscio sono dominanti, verde e rugoso recessivi. Incrociò una linea pura gialla e liscia (GGLL) con una pura verde e rugoso (ggll). Dopodiché come per la seconda legge lasciò che gli ibridi GgLl si autoimpollinassero e osservò un rapporto di 9 : 3 : 3 : 1 fra le combinazioni.
Dunque nove erano gialli e lisci, tre verdi e lisci, tre rugosi e gialli e uno solo rugoso e verde. Così la genetica mendeliana provò che i due caratteri non si influenzavano. Guardando solo “giallo e verde” o “liscio e rugoso” le frequenze restavano 3 : 1 in entrambi i casi (o meglio 12 : 4).