Il metodo Feynman: apprendere e comunicare in modo efficace
La tecnica di apprendimento nota come metodo Feynman porta il nome dell’omonimo fisico statunitense, venuto a mancare negli anni ’80. Richard Feynman vinse il premio Nobel per la Fisica nel 1965 per aver elaborato l’elettrodinamica quantistica. Ma accanto al suo lavoro di ricercatore svolse anche un’ampia attività come divulgatore scientifico, scrivendo libri e sostenendo conferenze.
Dalla sua parte questo fisico ebbe sempre infatti un certo senso dell’umorismo e un talento indiscusso come insegnante. Entrava facilmente in confidenza con gli studenti e cercava di capire come spiegare i concetti più complessi nel modo più semplice possibile, come se si avesse di fronte un bambino. All’opposto di tutti i professori saccenti dominavano nelle università.
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La storia dietro il metodo Feynman
Sono stati in molti negli anni a lodare il talento come insegnante di Richard Feynman, tra cui lo stesso Bill Gates. Fu docente al Californita Institute of Technology, che oggi più comunemente chiamiamo Caltech, ma rispetto ai colleghi adottò un metodo di insegnamento molto più versatile. Da quando era studente universitario infatti aveva sviluppato una propria tecnica per studiare la Fisica.
Fu proprio tra le pagine degli appunti presi a lezione e poi rielaborati che iniziò a svilupparsi il metodo Feynman. Mentre si preparava per gli esami il giovane Richard era solito analizzare gli argomenti in ogni loro componente, per risalire alle basi dei concetti. Per ritenersi soddisfatto doveva essere in grado di spiegare la materia anche a qualcuno che non avesse mai compiuto studi nel suo campo.
Nonostante questa tecnica sia nata per rendere più comprensibili le materie STEM la si può tranquillamente utilizzare per qualsiasi argomento. Si oppone allo studio mnemonico che molti studenti utilizzano per gli esami quando hanno poco tempo a disposizione.
Il problema è che memorizzare e basta non aiuta a trattenere i concetti, diversamente dalla tecnica di Feynman.
Comprendere l’efficacia di questo metodo può tornare utile sia ai docenti che ai formatori che svolgono corsi in azienda. Capita spesso di dover svolgere lezioni in ambienti diversi dove il pubblico è variegato a livello di conoscenze ed esperienze. In una simile condizione più semplice risulterà la spiegazione, maggiore sarà il numero di persone che si riuscirà a coinvolgere.
Le quattro fasi da seguire
Il metodo Feynman si può suddividere in quattro passaggi, che vediamo di seguito:
- Capire quale sia l’argomento principale. Per cominciare si può fare un brainstorming su un foglio mettendo al centro il concetto fondamentale e attorno tutto ciò che si conosce a riguardo. Si parte dagli argomenti principali e poi si collegano con delle frecce i dettagli, in modo da non sovrapporre fra di loro i concetti e stabilire un ordine.
- Rielaborare il tema da trattare nel modo più basilare possibile. Per essere più chiari, occorre sviluppare una spiegazione come se il target di riferimento fosse un ragazzino delle medie. Questo spingerà ad usare un linguaggio semplice ed esempi quotidiani come analogie. Si tratta della fase più complessa del metodo Feynman, perché spinge a riflettere su quanto si sia compreso.
- Modificare e semplificare. Una volta scritto come si intende spiegare l’argomento bisogna rileggere e modificare termini o espressioni che risultino troppo tecniche. Un altro aspetto dove limare è la quantità di dettagli che stiamo fornendo e che possono distrarre dal succo del discorso. Quelli non necessari per capire il tema fondamentale si possono eliminare dal discorso.
- Ricavare una storia da raccontare. Quando si è soddisfatti del risultato è il momento di lavorare sul tono che si vuole usare per spiegare il tema scelto. Riuscire a farlo sembrare un aneddoto, una storia invece di una lezione ha un grosso impatto sull’atteggiamento degli studenti. Si tende ad ascoltare con più curiosità a seconda della forma che usa l’insegnante.
I vantaggi del metodo Feynman
Sono due le ragioni principali per cui conviene iniziare ad usare questa tecnica di apprendimento. Il primo e principale è che per riuscire a spiegare un concetto è necessario elaborarlo in maniera attiva. Mentre si tende a memorizzare e basta non ci si pone troppe domande ma quando arriva il momento di semplificare ci si può rendere conto di non sapere davvero di cosa si stia parlando.
Lo stesso fisico che inventò il metodo Feynman una volta preso il premio Nobel si dice che abbia pronunciato un’affermazione emblematica a riguardo. Ovvero che non avrebbe meritato quel riconoscimento a meno di non essersi dimostrato in grado di spiegare la propria scoperta anche a un bambino. Solo quando si arriva a questo risultato si è davvero esperti di un dato argomento.
Il secondo vantaggio, in un certo senso dipendente dal precedente, è che mentre si elaborano i concetti emergono le lacune da colmare. Non è raro sentirsi preparati per un esame o una verifica e poi vedersi porre domande o quesiti mai sentiti prima e che disorientano. La realtà è che non si sa come usare quanto appreso e quindi è necessario approfondire di più ciò che si è studiato.
Ai due vantaggi descritti si aggiunge un miglioramento dalla capacità di memorizzazione. Allenarsi a fare degli esempi e rispiegare i concetti è molto meglio di ripetere a pappagallo le definizioni e i concetti. Come quando si tratta di attività pratiche o manuali più si sperimenta e ci si mette alla prova più si migliora.
Qualche consiglio in più
Se si vuole utilizzare il metodo Feynman un aiuto considerevole lo può dare avere uno “studente” in carne e ossa a cui spiegare ciò che si sta studiando. L’ideale è una persona che sappia il meno possibile dell’argomento in questione e che perciò possa dire obiettivamente se abbia capito o meno la spiegazione. In più può porre delle domande a cui altrimenti non avremmo mai pensato.
Sempre avere di fronte qualcuno aiuta a contrastare l’ansia da prestazione che può cogliere prima dell’esame, altro nemico degli studenti. Per quanto riguarda l’idea di scrivere o meno la spiegazione dell’argomento questa dipende esclusivamente dal metodo di studio che si usa. C’è chi ha bisogno di scrivere i propri ragionamenti e chi preferisce evitare.
Il terzo e ultimo consiglio è di partire sempre dagli aspetti principali dell’argomento tenendo i dettagli per ultimi. Possono confondere quando si semplifica la spiegazione e portare a perdere il filo del discorso.